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      Eppure, se tu li lodi per tutte queste cose, ti rispondono in Roma esservi mille altri i quali vaglion piú di loro; parla di Roma, e la prima parola che ti dicono è: un'altra Roma non esservi in tutto il mondo.
      Essi credono, e fermamente credono, che la loro cittá debba essere un giorno la padrona del mondo intero. - E come no? - mi diceva uno di loro. - Marte lo ha promesso in nome di Giove al suo figlio Quirino, fondatore della cittá nostra. I libri sibillini, che in Roma il senato fa conservar con tanta religione, lo attestano. Volete di piú? Quando, sotto il governo dell'ultimo de' nostri re, si volle edificare il Campidoglio, tutte le statue de' numi dovettero levarsi dalla loro sede: il solo dio Termine rimase immobile, né tutte le forze umane valsero a levarlo. - Buono augurio! - esclamarono allora i nostri sapienti: i termini dell'imperio di Roma non retrocederanno mai; - e tutto il popolo lieto ripeté: - E cosí sia. -
      Quando i Galli, i quali giá da due secoli avean sorpassate le Alpi(506) ed avean distrutto le colonie e l'impero che gli etrusci possedevano dall'Adriatico sino agli Appennini, sorpassati anche questi monti, invasero l'Etruria, fu certamente un consiglio degl'iddii che mosse i romani a prender la difesa di Chiusi, la quale, sola, mal avrebbe potuto resistere al torrente de' barbari che la minacciava. Se i Galli vincevan Chiusi, mal poi avrebbe potuto resister Roma. Gl'iddii, che ci han dati gli auguri d'impero, quegli stessi iddii ci hanno ispirato l'eterno consiglio di difendere i deboli e di opporci ai potenti(507). I Galli presero e saccheggiarono ed arsero Chiusi, ed offrirono a noi patti di buona amicizia e di eque transazioni.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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