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      È necessitá aver tutti i pregiudizi de' romani per poter fare ciò ch'essi fanno. Persuadete loro che Quirino non è figlio di Marte, che Giove non promette nulla ai mortali; dimostrate che gli augúri ed i sagrifici son nomi senza soggetto, che il cenere de' padri non sente nulla; andate pur avanti, e convinceteli che ciascun angolo della terra è patria, purché vi si viva bene; che non si tratta di morir per lei, ma di viver quanto piú si possa... che altro vi rimane ancora?... dimostrate esser falso che la patria nostra sia la prima tra tutte le altre, e che in molte altre cittá sienvi leggi piú giuste, costumi piú dolci, sole piú tepido, numi piú propizi... Insegnatele pur tutte queste funeste veritá. Al momento istesso in cui saran comprese, i savi non avran piú il nome degl'iddii per frenare il popolo; ai coraggiosi mancherá lo sprone delle grandi azioni, l'orgoglio di se stesso e la speranza dell'immortalitá, senza la quale nessun uomo, se non fosse stolto, affronterebbe mai la morte(508); i vili non vorran piú morir per la patria e salvarla, ma ameran meglio dominarla e vivere. Il tempo della sapienza diventerá tempo della corruzione e della morte. -
      Non ti pare, o saggio Platone, che noi greci e, sopra tutti gli altri, noi ateniesi, giá siam troppo savi? Questi romani, pochi anni sono, hanno avuto un console, il quale si è precipitato in una voragine per salvar l'esercito, ed, al modo onde oggi essi ne parlano, ben mostrano poterne aver ancora mille altri; ed i nostri giovani giá incominciano a rider di Codro!


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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