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      Che sarebbe d'Atene, se le sue tante colonie spedissero tutti i propri abitanti a dar il loro suffragio ne' comizi? che sperare da' comizi, composti oggi di duemila e dimani di dugentomila uomini, li quali non si conoscono essi stessi, non conoscon gli affari, non conoscono e non amano la patria? Sará necessitá cangiar gli ordini pubblici, abolire i comizi, concentrare il potere, onde sia piú atto all'ampiezza della repubblica. E tutto ciò sará un bene, se si fará senza contrasto e non piú tardi del bisogno; un male, se si fará per via di sedizioni, di guerre civili, le quali colla lunghezza de' contrasti faran perdere l'opportunitá del momento e col furor de' partiti spingeranno le idee al di lá del necessario. Ma credi tu che gli uomini possan mai ottener il bene senza lungo precedente esperimento di mali? Quindi è che, quando si conosce la necessitá del rimedio, l'opportunitá è passata, il male è divenuto piú grave, e si ottiene sempre effetto minore di quello che se ne sarebbe ottenuto qualche anno prima.
      Per ora i patrizi conservano ancora molta autoritá sulla plebe col mezzo della religione. In nessun'altra cittá la religione può tanto sui costumi quanto in Roma: in nessun'altra cittá la religione è tanto strettamente unita allo Stato(526). E forse queste due cose sono naturalmente inseparabili tra loro; perché né mai religione emenderá utilmente i costumi se non sará dipendente dal governo, né mai religione, che non emendi i costumi e non ispiri l'amor della patria, potrá esser utile allo Stato.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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