Il tempo del pranzo si passa per l'ordinario raccontando i fatti illustri degli avi(533). Tutto insomma è degno degl'iddii e del popolo.
Noi, dunque, nell'ora in cui il disco del sole piú non si vede, ma i suoi raggi, passando sulla cima del Matese, indorano ancora i colli che sono all'occidente della pianura nella quale giace Boiano; quando è finito il giorno, ma manca ancora un'altra ora perché arrivi la notte, noi ci raguniamo a cenare nella casa di Ovvio Paccio, uno de' principali della cittá e presso il quale siamo ospiti Ponzio, i legati romani ed io. Espero splende sulla nostra mensa, ma spesso avvien che ci lasci, e noi prolunghiamo i ragionamenti dell'amicizia fino all'ora nella quale vediam sorger l'aurora dagli opposti colli. Io però son reo di aver interrotto per qualche sera l'antico costume di raccontar i fatti de' maggiori. Mi chiamano per antonomasia "il curioso"; di fatti lo sono. E come non esserlo? Si parla di un caso avvenuto ad un mediastutico... Il caso è uno di quelli tolti dal mucchio degli accidenti ordinari della fortuna; ma mediastutico io non so ben che sia: dunque trascuro il racconto dell'avvenimento, e dimando: - Che cosa è mai cotesto mediastutico? - Si suppone nel discorso una legge, un costume: io non lo so; dunque sospendiamo il racconto del fatto, e sappiamo qual è la legge, il costume. Questa mia curiositá dá occasione ad una risposta; la risposta genera un'altra curiositá, un altro dubbio; dal dubbio si passa talvolta alla disputa e non manca taluno il quale, oltre del soprannome di "curioso", mi dia anche quello di "disputatore".
| |
Matese Boiano Ovvio Paccio Ponzio Espero
|