Questa sera si è parlato delle leggi di Numa e di quelle delle Dodici Tavole. Non vi è romano il quale non le sappia a memoria(534).
A me pare di riconoscer nelle leggi di Numa le orme della filosofia pittagorica. Spesso vi ritrovo finanche le stesse parole. "Non libate agli iddii con vino di vite selvaggia", ha detto Numa; questo stesso e colle medesime parole avea consigliato Pittagora(535). Potrei farti lunghissima enumerazione e di antiche leggi di Numa e di proverbi pittagorici. Ciò mi fa risovvenire il detto di Archita, il quale credeva tali proverbi non esser altro che gli usi antichissimi, i quali, spesso obbliati dal popolo, si conservan come riti dai sacerdoti e come precetti dai filosofi. "Non sagrificate pesci", lo ha detto Numa e Pittagora: il volgo poco dopo ha detto: "Non mangiate pesci", perché "sagrificio" e "pranzo" nella prima lingua eran sinonimi; in tempi posteriori si è cercata la ragione di tale divieto, e, non riconoscendosi piú la vera tra la caligine de' lunghi anni, se n'è immaginata una di pubblica temperanza(536), L'altare ai tempi di Numa non era altro che una mensa(537); le offerte agl'iddii non eran che latte, frutti della terra e pane; e la religione vietava dipingere o scolpire gl'iddii sotto forme mortali(538). Non vedi tu tre precetti i quali si conservano anche oggi ne' musei de' pittagorici? Negli antichissimi tempi di Numa non si offrivano agl'iddii le fave. Chi sa perché? Quindi, presso il volgo, il divieto di mangiarne. Ma tu crederesti che in Roma, per confessione degli stessi legati, alcuni sacerdoti non possono mangiarne neanche oggi?
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