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      Io non vi aggiungo nulla del mio: chiunque viene in Roma può vederlo! -
      Quanto facilmente gli uomini, nel ricercar le antiche origini delle cose, corrono al meraviglioso! Ciò si reputa effetto di vanitá, ed io lo credo di infingardaggine. È il modo piú facile per liberarsi nel tempo istesso da ogni dubbio e da ogni fatica.
      Io, al contrario... vedi come san fatte le teste de' mortali!... io non presto alcuna credenza a quello che i legati tengono per certissimo, cioè che quelle altre loro leggi, che son contenute nelle Dodici Tavole, sieno state imitate dai greci, e specialmente da noialtri ateniesi. Essi mi han detti i nomi de' legati spediti in Grecia; l'anno, il mese, il giorno della partenza e del ritorno(543); l'arrivo in Roma di quel tale Ermodoro di Efeso, il quale fu discacciato dalla propria patria per esser piú giusto di tutti gli altri suoi concittadini(544); e tante altre minuzie, le quali darebbero al loro racconto un'apparenza grandissima di veracitá, se essi sapessero sciogliermi una picciola difficoltá che io loro propongo, quale è quella di esser inverosimile che un popolo spedisca legati in regioni tanto lontane per imparare il modo di raccoglier le ghiande e di appoggiar una trave ad un muro.
      Ho detto loro: - Prima che in voi fosse nato e bisogno e desiderio di leggi scritte, è stato necessario aver una casa; prima di aver case e campi, è stato necessario raccoglier ghiande; ed i vostri maggiori han dovuto aver pratiche e consuetudini per regolar tali necessitá qualche centinaio di anni prima che Romolo prendesse i suoi augúri sull'Aventino, e qualche migliaio prima che suonasse sul Tevere il nome di Atene.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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