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      Queste cittá cosí temperate sono quelle che fanno piú grandi cose delle altre, perché non vi manca mai né chi le proponga né chi le esegua. Tu hai lodato molto il valore e la disciplina militare de' romani, ed io ti credo. Ma, piú che alla loro milizia, io attribuisco di forza ai loro ordini civili. Per la milizia si può vincere. E qual uomo, anche demente, non può per favore di fortuna vincere talvolta? Ma solo per gli ordini rettamente istituiti si sa preparare, conservare, continuar la vittoria.
      Ti dirò finalmente io quello che piú approvo negli ordini di Roma? È l'eternitá di quel senato cui è commessa la somma del potere. In ordinare tal parte di una cittá si è finora avvertito di ordinarla in modo che né per languore fosse insufficiente alla difesa, né per soverchia energia opprimesse la libertá della repubblica. Quindi è che tu vedi i savi disputar tra loro se questo potere, necessario nel tempo istesso e pericoloso, debba affidarsi ad uno o a molti, ed inclinare ora all'una ora all'altra sentenza, a seconda che piú temevano o i pericoli della guerra o i mali della schiavitú. Questa non era che la prima delle avvertenze; ma eravene un'altra anche piú grave da farsi. Se costoro, cui il sommo potere si affida, durano troppo lungo tempo nell'esercizio della loro autoritá, si cangiano in usurpatori; se troppo poco, diventano inetti agli affari, perché non mai istruiti abbastanza; e lo Stato avrá una vita incerta, perché i successori di rado avranno le stesse idee dell'antecessore.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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