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      Ogni stipulazione sarebbe superflua, inutile. E ciò, che è inutile, ben tosto diventa pericoloso, perché o ne vieta far ciò che sarebbe utile alla patria, o ne costringe a far ciò che alla patria sarebbe nocivo.
      In altri tempi avrei io piú che ogni altro desiderata, io prima di ogni altro consigliata e proposta amicizia ed alleanza con un popolo valoroso, degno sempre di esser amico se non è rivale. E fummo amici de' romani finché essi ebbero uopo del nostro aiuto contro nemici piú forti. Non erano ancora distrutte le forze degli etrusci; i volsci e gli ernici erano ancora potentissimi e troppo a noi vicini. Senza l'amicizia nostra, Roma da lungo tempo non esisterebbe piú. E ch'era mai Roma? Una picciolissima cittá di quella picciola parte del Lazio che dipendeva da Alba; e, tra le trenta cittá che componevano la lega de' latini albani, Roma era forse, siccome l'ultima per etá, cosí la minima per potere(563). So che narro cose note, ma pure non credo superfluo il ripeterle. Rompe Roma gli antichi patti e quella comunione, non solo di armi e di leggi, ma anche di religione e di matrimoni, che l'univa ad Alba; si ribella, vince Alba in guerra, la distrugge ed incomincia a dominar sola tutt'i latini albani(564). Oggi signoreggia i latini rubuli, signoreggia tutto il Lazio ch'è tra il Tevere, l'Aniene, l'Ufento ed il mare, e vi esercita impero molto piú forte del nostro: poiché, sotto le apparenze di alleanza e di eguaglianza di diritti, la ragione del comando sta tutta intera ed indivisa in Roma; ed i latini, in apparenza soci, non possono neanche armarsi, per difender loro stessi dalle incursioni degli ernici e dei volsci, senza il consenso de' romani(565). A questo impero aggiugni tutto quello che giá Roma possedeva fin dai tempi piú antichi; aggiugni gran parte delle terre de' sabini e tutta o quasi tutta l'Etruria.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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