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      Rimangono ancora i volsci e gli ernici, i piú potenti, in veritá, ed i piú ostinati tra i nemici di Roma(566); ma che resta loro omai, oltre il nome dell'antica potenza? Anzio, loro principale cittá, indispensabile alla difesa, opportunissima al commercio, i volsci l'hanno perduta sono giá centoventidue anni(567). Nell'ultima pace stipulata per conservar le terre e le proprie leggi, sono stati costretti a rinunciare all'armi proprie ed obbligarsi a militar sotto le insegne de' romani(568). So bene che, ristorati dalli danni sofferti, tenteranno nuovamente le sorti della guerra; ma ben si può temere ciò ch'è avvenuto agli ernici quindici anni sono(569): saranno anch'essi, al pari degli ernici, uniti ai popoli del Lazio.
      Qual terra dunque, qual popolo rimane di mezzo tra noi ed i romani? Gli aurunci, gli osci, gli ausoni, i sidicini: miserabili popoletti, i quali, anziché termini di pacifico confine tra i due popoli piú potenti, saranno ésca della vicendevole ambizione e cagione di guerra eterna. Non so né chi né quando né come; ma tra non molti anni uno di noi vorrá dominarli; l'altro vorrá difenderli; e si desterá guerra tale che, sebbene io non possa prevedere a qual di noi sará funesta, veggo bene che non potrá esser fausta ad ambedue(570).
      Vedi tu dunque come ogni cosa ha cangiato di aspetto, e costringe il savio a cangiar consigli. Siamo stati alleati de' romani finché essi ebbero bisogno dell'amicizia nostra per esser difesi dai volsci e dagli ernici, ancora potenti e nostri vicini.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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