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      Intanto poniam mente a guarire i nostri mali interni, memori che vera e durevole felicitá non dalle cose che son fuori di noi, ma da quelle sole che sono in noi si deve sperare. Questa legge gl'iddii han dettata egualmente agli uomini ed alle cittá. Il volgo, vedendo le vittorie e la grandezza di un popolo, ammira la di lui fortuna; ma il savio ne riconosce e rispetta la virtú. Imperciocché della virtú sono effetti i saggi e forti consigli in guerra ed in pace, e quella costanza, che può sola render efficace un ottimo consiglio, che sola può vincer la fortuna, ma che non si può sperar mai da quel popolo, i consigli del quale sono dominati e turbati ad ogni istante dalli piccioli calcoli del presente e dalle passaggiere passioni di pochi potenti. E non dirò giá che gli uomini del Sannio non abbiano ancora molte virtú, coraggio, amar della fatica...: insomma gli avi nostri potranno non applaudire in tutto ai loro nipoti, ma, lode agl'iddii! non ancora li abbiam ridotti alla necessitá di doverne arrossire. Ma le virtú de' privati non sono altro che passioni: i soli ordini pubblici possan farle diventare vere virtú. La natura non dá che energia; energia di agire, energia di resistere. Ma ambedue posson produrre e grandi vizi e grandi virtú, secondo che lo scopo, al quale sono dirette, sará nocivo o utile alla nazione intera. Se la legge rivolge la cupiditá dell'uomo armato contro l'inimico, formerá de' suoi armati tanti eroi; ne formerá tanti assassini, se la rivolgerá contro gli stessi concittadini.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





Sannio