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      E di virtú pubblica piú che ogn'altro popolo han bisogno i miei sanniti, perché hanno naturalmente moltissima energia; ed appunto perché ve ne ha molta, e non vi è mente e consiglio che la diriga, si consuma in civili discordie, in deliberazioni piú funeste delle stesse discordie, in vicendevoli prepotenze tra cittá che voglion dominare su le altre cittá, e cittadini che voglion dominare sugli altri cittadini... Insomma ne mancano gli ordini pubblici, i quali dirigano l'energia de' privati: la cittá non ha virtú, perché non ha energia; e quell'energia, che hanno i privati, si rivolge tutta a distruzione della cittá.
      Ecco di che noi ci dovremmo occupare prima di pensare ad alleanze. Ma, siccome gli uomini nelle loro disgrazie a tutt'altro piú facilmente s'inducono che ad emendare i propri vizi, cosí le cittá nella loro debolezza tutt'altro tentano fuorché migliorare i propri ordini. Perciò i mali cosí degli uomini che delle cittá sono tanto difficili a guarirsi. Gli uomini molto facilmente ammirano la fortuna altrui, per non esser costretti a rispettarne la virtú; e di loro stessi piú facilmente s'inducono a confessare di essere sventurati che stolti o viziosi.
     
     
      LXVIII
     
      RISPOSTA DI ARCHITA
     
      [I mali di Taranto son forse maggiori di quelli del Sannio - Prevedibile una guerra tra il Sannio e Roma - Il vincitore rimarrá padrone d'Italia - È ineluttabile che tutti i popoli nascano, crescano, invecchino e muoiano - Il saggio, senza obliare le norme del giusto, deve adattarle agli ordini del destino.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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