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      - Cosí le cose, che i filosofi sostengono, non sono sempre le piú vere, ma le piú conducenti alla loro gloria: quelle difficoltá, che noi non sappiamo vincere operando, ragionando le trascuriamo; e la nostra trascuraggine e la mala fede nostra ci s'imputa a laude, quasi che noi avessimo ritrovato il rimedio, sol perché non abbiamo parlato del male.
      Ma ora incomincio a credere che l'ingrandimento delle repubbliche dipenda da un ordine superiore, a cui non si può resistere. Il saggio legislatore altro non può fare che dar leggi tali che il popolo ci si trovi bene in tutt'i casi. Le nazioni hanno tutt'i vizi dell'uomo. Se mai le leggi di un uomo potessero frenar l'eccesso della loro ambizione, al certo che le leggi tue, o divino Licurgo, avrebbero salvata Sparta. Ma Sparta ha provato anch'essa i moti di ambizione, e che ne è avvenuto? Quegli ordini, ch'eran buoni per Sparta saggia, non sono stati sufficienti a contener Sparta stolta; e l'esperienza ha mostrato ch'essa era meglio istituita per tiranneggiar gl'iloti che per difendersi dai nemici(582). Sparta sará la vittima de' suoi vizi e delle leggi sue.
      Che cosa è mai una cittá? Questo nome non si deve dare ad ogni unione di uomini indistintamente, ma bensí a quella sola che basti a se stessa. Ora i nostri bisogni ed i capricci nostri sono spinti tant'oltre che una cittá non può sussistere senza l'aiuto di tante altre. In Atene non si può imbandire una mensa senza mettere a contribuzione tutt'i monti, tutt'i fiumi, tutt'i mari dell'Italia, della Sicilia, della Grecia, dell'Egitto, dell'Asia.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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