Tutt'i partiti convengono solo in questo, cioè che sono stanchi ed amano la pace: Filippo si servirá della forza per sostenere un partito; e, vincitore, guadagnerá tutti, offrendo ai partegiani la pace ed agl'indifferenti le dolcezze dell'ozio.
Che sará s'egli proporrá ai greci di rivolgere le loro forze contro il re di Persia? Tutt'i greci seguiranno le sue bandiere.
L'impero di Persia languisce; le sue parti, mal connesse tra loro, debbono sciogliersi. Non abbiam noi conosciuta la sua debolezza e dalla spedizione di Agesilao e dalla ritirata de' diecimila? Simili avvenimenti si debbono meno al coraggio de' capitani che alla debolezza del governo persiano.
Nel tempo che questo avverrá in una delle estremitá della terra, nell'altra i romani riuniranno l'Italia: poiché in Italia ormai non vi restano che i sanniti i quali possono contrastarne loro la conquista; ma i sanniti non hanno ordini tanto atti all'impero quanto lo son quelli de' romani.
I cartaginesi o in Sicilia o in Sardegna s'incontreranno un giorno coi padroni dell'Italia: son troppo vicini per non incontrarsi, troppo potenti per non esserne rivali, troppo bella è la Sicilia per potersi possedere da uno di loro senza guerra. Ma i cartaginesi non hanno che una forza apparente: il loro interno è debole. Mentre essi dominano coi loro vascelli sopra tutti i mari, mentre colle loro colonie dettano leggi alla Spagna, alla Sardegna e turbano la Sicilia, il loro impero è maggiore delle forze loro. Essi, per aver delle truppe, son costretti assoldare i Galli, e pochi di costoro, ribellatisi, han ridotta, pochi anni fa, Cartagine all'orlo dell'ultima sua ruina(583). Se essi abitassero un'isola, sarebbero potentissimi, perché allora non potrebbero essere attaccati se non per mare, dove hanno forza superiore a tutte le altre nazioni.
| |
Filippo Persia Persia Agesilao Italia Italia Sicilia Sardegna Italia Sicilia Spagna Sardegna Sicilia Galli Cartagine
|