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      Pare che essa abbia preveduti questi mali e tenti render sicuro il commercio coll'impero. Ma quale impero, gran Dio! è mai l'impero de' commercianti, i quali vi costringono a servire per costringervi a comprare; e poi, perché il solo servire non basta, distruggono tutto ciò che trovano di arti e di industria presso di voi, onde, non rimanendovi piú nulla, siate costretti a comprar tutto? Essi hanno occupata la Sardegna, isola fertile, popolata e felice. Ma, al tocco del loro scettro di ferro, tutto è cangiato: gli antichi coloni in parte discacciati, in parte trucidati; pena di morte contro chiunque coltivasse la terra e raccogliesse altri frutti oltre di quelli che essa spontaneamente produce. La Sardegna tra poco sará un deserto, e l'impero de' cartaginesi perdera la piú utile parte del suo dominio. Un popolo, il quale voglia esser nel tempo medesimo il sensale ed il padrone della terra, si distrugge da se stesso.
      Chi sa se non rimarranno un giorno soli sulla terra gl'italiani giá vincitori de' cartaginesi ed i greci giá vincitori de' persiani? Io amo talvolta di vederli col pensiero venir alle prese come due campioni rimasti soli vincitori nell'arena di Elea. I cieli salvino la mia patria da' miei augúri funesti..., ma in questa lotta noi non saremo i piú forti.
      Noi potremo ben vincere, ma non siam fatti per vaste e lunghe conquiste. Siamo piú vani, ma meno orgogliosi degl'italiani. Le forze della Grecia riunita sono minori di quelle dell'Italia; né colle conquiste noi potremo riunirne molte altre, perché, per riunir nazioni tanto diverse di costumi, di lingua, di leggi, vi si richiedono de' secoli, e, prima che questi secoli saranno scorsi, chi sa quanti cangiamenti potranno avvenire?


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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