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      Noi disputiamo per sapere se i greci abbian popolata l'Italia o gl'italiani abbian popolata la Grecia; ed intanto e l'una e l'altra regione sono state forse popolate da un altro popolo, ch'è il padre comune de' greci e degl'italiani.
      Questo popolo antichissimo ha data ad ambedue i suoi figli la stessa lingua. La nostra favella e la vostra hanno molte parti comuni e molte diverse: somigliano a due ruscelli, i quali, nati dalla stessa fonte e facendo diverso cammino, rendon diversa quell'acqua che in origine era una.
      Vedi tu noi lucani? Siam detti "bilingui", perché parliamo con eguale facilitá il linguaggio dei tarantini e quello de' sanniti. "Bilingui" son chiamati anche gli appuli(615). Il volgo crede che noi parliamo due favelle diverse. Questo è un errore: noi non ne parliamo che una sola. Non ti avvedi che le lettere sono simili nell'una e nell'altra scrittura: senonché le vostre furono in picciola parte cangiate col commercio di altri popoli orientali nell'etá di Cadmo, il quale perciò ne fu detto inventore?(616). Non vedi che i nomi del maggior numero delle cose piú necessarie alla vita sono comuni all'una ed all'altra favella, e differiscon solo nel modo di pronunziarli? Un "h", un "e", un "o" piú larghe o piú strette; un "l", un "m", un "n", un "r", battute con maggiore o minor forza, talché nella scrittura se ne vegga il numero ora accresciuto ora diminuito; una desinenza variamente temperata, secondo il vario senso di armonia che hanno i diversi popoli, talché ora abbondi una vocale ora un'altra, ed ora le vocali predominino ora le consonanti, sono leggiere differenze, dalle quali non si può dedurre la differenza intera delle due favelle.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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