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      Nell'epoca dunque di Deucalione l'antica popolazione della Grecia fu in grandissima parte distrutta, e quella, che rimase, fu ridotta a barbarie. Quanta ne rimase io non lo so. Ne dimanderemo a que' vanagloriosi rodiani, i quali millantano essere stati del numero de' salvati. Questo sol posso dirti: che allora incominciarono a venire in Grecia le colonie di Egitto e di Fenicia, ed i nuovi abitanti, misti agli antichi, formarono quella nuova lingua che voi oggi parlate.
      L'Italia ritenne della sua antica civiltá tanto quanto ne permetteva una grandissima commozione della natura, dalla quale, sebbene avvenuta fuori de' suoi confini, pure dovette risentire la scossa. Si aggiunsero alcuni disastri particolari, prodotti da que' monti ignivomi che distrussero tante nostre regioni. Ogni angolo della Campania mostra vestigi di antichissimo fuoco. Quella parte della medesima, che giace piú vicino al mare, noi la chiamiamo Campi arsi(621). I poeti fingono che gli iddii han fatto tra loro aspre battaglie per contrastarsi il possesso di quella fertile contrada. Io credo che ciò sia avvenuto non molto prima della guerra di Troia. In questa etá di eroi è certo che troviamo ancor freschi gli effetti del furore degl'iddii.
      Tutto dunque dimostra, nell'etá che precedette la guerra di Troia, lo sfasciamento di un grande impero e la divisione di un gran popolo, il quale si estendeva dalle rive dello Scamandro fino alle Alpi e dalle montagne della Tracia fino al mare. Forse che non tutto questo immenso tratto di terra era riunito sotto un governo solo e non avea le stesse leggi; ma la stessa era la lingua, una la religione, eguale la civiltá. Tutto fu distrutto, sia per quelle cagioni che or ora abbiamo dette, sia per quel languore che, nella specie umana del pari che nell'individuo, segue sempre l'abuso dell'energia.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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