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      Imperciocché il narrare e l'investigar le cose antiche nascon tra gli uomini coll'ozio e coll'abbondanza delle cose necessarie alla vita. La miseria estingue l'ingegno e la memoria. -
      Cosí parlava l'egizio a Solone, ed a questo aggiungeva il racconto di mille azioni gloriose, che i nostri maggiori avean fatte in que' tempi che precedettero l'ultima distruzione, dalla quale incomincian le memorie che oggi abbiamo. Ed era allora Atene molto piú grande e popolata che oggi non è, estendendo i suoi confini dall'Istmo alle falde del Citerone e del Parneto. Quella terra, che oggi rimane, è come ossame di un corpo consunto. I moltissimi diluvi, che si sono succeduti nella serie de' secoli, hanno strascinata la terra da luoghi sublimi, e, non formandone isole (siccome han fatto altrove), l'han tutta sommersa nel fondo del mare. Allora avean gli ateniesi colli altissimi; i campi, che oggi chiamansi felei, eran ricoperti di terra negra ed ubertosa; ed in que' monti, ove oggi pascolano solamente le api, sorgevan selve densissime di alberi, de' quali taluno forse ancora si vede negli antichi edifici nostri. Tante mutazioni può produrre il lungo volger degli anni!
      Gli egizi asseriscon serbarsi ne' loro tempii memorie di novemila anni, durante il qual tempo moltissime vicende sono avvenute, che poi per l'ignoranza de' posteri han preso aspetto di favola. Tale è la grandissima, che sommerse nel fondo dell'Oceano quella vastissima isola, alla quale le antiche memorie dánno il nome d'Atlante, ove abitava quel popolo potente che tutta avea soggiogata la terra onde è circondato il Mediterraneo, ed avrebbe estese le sue conquiste anche nell'Asia, se non fosse stato prima vinto dai nostri maggiori, poscia distrutto dalla giustizia di Giove, il quale, vedendo che col desiderio ingiusto di ricchezze e di potere corrompevasi l'antica generositá della stirpe, volle che per forza di necessitá tornasse ad esser temperante e modesta.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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