Nelle prime etá de' popoli queste tre teologie sono state unite e concordi; il sacerdote era al tempo istesso il sapiente ed il poeta del popolo. Ma col volger degli anni gli uomini incominciarono ad osservare e distinguere con diligenza maggiore tutti gli effetti che produceva quella forza unica, infinita, sublimemente tenebrosa che prima aveano invocata col nome di divinitá, e sursero tanti nomi d'iddii quanti osservaronsi effetti della natura che destavano speranze o timori. Nell'antichissima religione degl'italiani i pontefici non sagrificarono se non alla terra, all'umor che feconda la terra, al nudrimento, al buon ritorno(663). Non conoscevano allora gli uomini se non la terra che ci sostiene, l'acqua e l'aria che inumidiscono la terra, e quella forza vitale che tutto conserva e riproduce. Col tempo i poeti ad ogni fenomeno dell'universo attribuirono una natura particolare; i fisici al contrario tutt'i fenomeni derivavano da una cagion sola; i sacerdoti, divisi dai fisici e dai poeti, rimasero piú deboli, ed alla antica forza dell'intima persuasione tentarono sostituir la moltiplicitá de' riti. Ma per moltiplicare i riti fu necessitá moltiplicar gl'iddii, e per vincere i fisici fu necessitá collegarsi coi poeti. Quindi, a misura che i popoli s'incivilirono, crebbero, nel tempo istesso, e l'incredulitá ne' pochi e la superstizione ne' molti; e, mercé l'opra de' filosofi e de' poeti nostri, siamo oggi ridotti a tale che abbiamo pochissimi uomini veramente religiosi, ma tanti iddii che quasi non possiamo fare un passo senza incontrarne uno(664).
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