A misura che diminuisce l'opinione del vero poter degl'iddii, cresce quella del poter de' sacerdoti.
I nostri in questo sono corsi molto piú innanzi degli altri popoli. Si chiamano i sacerdoti etrusci maestri di superstizione, e non a torto; ed a me non duole tanto l'esser di ciò rimproverati quanto l'aver meritato il rimprovero. Niun altro popolo vanta tanti auspíci, tanti augúri. Viscere di animali, volo di uccelli, parole di uomini, tutto si osserva, tutto si registra dai nostri indovini; tutto conduce, com'essi dicono, a manifestarci la volontá degl'iddii, quasi gl'iddii potessero aver altra volontá che quella di volerci industri e virtuosi! Ma, piú che tutte le altre cose, sono stati osservati i fulmini; e se tu udissi, o Cleobolo, tutto ciò ch'essi hanno sui medesimi osservato e ragionato, diresti certamente: - Quanti secoli han dovuti scorrere per dare a tutte queste chimere la forma di un sistema? -
Il fulmine divenne per i nostri padri il primo tra gli augúri: esso distrugge tutti gli altri augúri contrari. - Come mai un augurio può essere distrutto da un altro - dimandano i sapienti? - Se tutti gli augúri dipendono dallo stesso decreto del fato, come mai possono esser contrari? Perché non sono tutti veraci, ed in conseguenza tutti concordi? E se uno può esser fallace, chi ne assicura che non lo possano esser tutti? Ed allora perché osservarli? -
Ma non credere che la sofistica diligenza de' nostri indovini non abbia ritrovate risposte a tutte queste interrogazioni. Essi sanno rispondere a tutte queste dimande: e come no, se sanno tante altre cose?
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Cleobolo
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