Dimanda perché si pérdono dieci, dodici battaglie l'una dopo l'altra? perché una nazione non ha piú capitani, non piú magistrati? perché non ha piú industria? perché non ha piú commercio? Le sventure non portano la distruzione se non quando sono moltissime volte ripetute; e ciò, che vedi moltissime volte ripetuto, non può esser effetto della fortuna, ma lo è della necessitá. Dimanda ancora, e saprai che quel popolo, il quale è infelice, non lo è mai senza sua colpa; osservalo e vedrai che, prima di esser abbandonato dalla fortuna, aveva obbliata la virtú: vedrai corrompersi a poco a poco i costumi, indi gli ordini; le passioni private non aver piú freno e scatenarsi tutte a danno della patria; non esservi piú prudenza nella curia, non piú giustizia nel fòro, non piú fortezza nel campo: e tutto ciò, perché da lungo tempo non vi era piú temperanza nella casa. Vedrai esservi un nesso tra le virtú tra loro, e tra le virtú e la felicitá: vedrai esser costantemente piú felici quei popoli che hanno piú virtú.
Vedrai talora le cittá, anche corrottissime, aver qualche momento di prosperitá, se mai fortuna fa sí che le loro cose vengan commesse ad uomo prudente e valoroso, siccome son quelle di Taranto commesse al nostro Archita. Ma odi qual avvenire lo stesso Archita prevede alle cose di Taranto? Egli ha tentato rendere i tarantini virtuosi e non ha potuto: li ha resi fortunati, ma la loro fortuna morrá con Archita.
Ciò, che non ha potuto Archita, qual uomo oserá tentarlo? Pure, poiché la disperazione è tra' mali il massimo, quando gl'iddii vorranno che per opera tua si faccia qualche bene agli ateniesi, ricórdati di portar nell'opra la mente, il cuore e la mano di Archita.
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