Le pergamene radevansi, si nettavano e si adopravano per scrivervi delle altre cose. Ne' secoli di mezzo molti codici di grandissimi scrittori antichi sono stati convertiti in cronache ed in leggende. La distruzione è avvenuta a poco a poco. Siccome avvien nell'uomo che avanza verso la decrepitezza e perde ogni giorno una parte della sua vita, le perdite si sono ripetute in tutte le etá. Ai tempi del Petrarca esisteva ancora il libro di Cicerone sulla consolazione. A misura che qualche frate imaginava un miracolo, si sagrificava un codice. E qual crediamo che sia stato sagrificato? O il piú bello o il piú inutile, cioè sempre il migliore, perché ne' secoli colti i libri migliori sono sempre quelli ne' quali adoprasi maggior eleganza sia di carta sia di scrittura, e ne' secoli barbari i libri migliori sono appunto quelli che meno si comprendono e si pregiano meno.
Facilissimamente nella barbarie si perdono tutti i libri sui riti, sulle leggi, sui costumi di un popolo, i quali, per i cangiamenti che seco porta la barbarie, divengono sempre inutili, spesso anche odiati. Che ci rimane di tanti libri di Catone, di Varrone, di Nigidio, di tutt'i libri de' grandi giureconsulti romani? O qualche libro d'istituzione, qual è quello di Caio, perché nella barbarie, diminuito l'amor del sapere e l'abitudine di studiare, ai trattati profondi prevalgon sempre i compendi, ne' quali tutto ciò che è difficile si tralascia; o qualche libro di agricoltura e di lingua, come quelli di Varrone e Catone, perché, appunto quando la lingua comincia a corrompersi, cresce lo studio del suo meccanismo grammaticale e l'agricoltura è l'ultima delle arti che gli uomini obliano.
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