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      La storia di un fatto può esser falsa in molte maniere: può il fatto non esser esistito in nessun modo, e può non esser esistito in quel tempo, in quel luogo, presso quelle persone alle quali si attribuisce. Son tanti i generi possibili di falsitá quante sono queste circostanze. Il racconto di una dottrina, al contrario, non può esser mai falso per ciò che riguarda l'esistenza. Non apparterrá ai pittagorici ma agli aristotelici; non avrá regnato in Grecia ma in Egitto; sará anteriore o posteriore alla scuola di Alessandria; sará (si vuol di piú?) nella stessa testa di colui che la racconta; ma, tosto che uno la racconta, la dottrina ha esistito. E, certa che sia una volta la sua esistenza, si può piú facilmente saperne l'autore, il tempo, il luogo. Imperciocché, se trattasi specialmente di una veritá sublime, non vedesi la ragione per la quale voglia attribuirsi ad un autore non suo.
      Aggiungete a questo che nella storia della dottrina vi è un nesso tale tra le opinioni, che, ammessa una, si dimostrano necessarie o incompatibili molte altre. Questo non avviene, o almeno non avvien sempre e tanto evidentemente, nella storia de' fatti. Quindi è che io reputo, tra le due storie, dover precedere quella delle dottrine, perché ogni buona logica vuole che nelle quistioni si passi dalle cose note alle ignote, dalle certe alle dubbie, dalle facili alle difficili.
      Tra gli scrittori antichi sceglieremo come guide principali Platone, Aristotele, Aristosseno, Teofrasto: - Varrone, Plinio e Cicerone, ogniqualvolta appoggino la loro narrazione col detto di uno scrittore antico.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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