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      Mille scrittori della natura di Seneca, di Valerio e di Svetonio dicono precisamente lo stesso ne' tempi nostri. Dunque, si conchiuderį da qui a duemila anni, ai tempi nostri i padri possono uccidere i figli. Ma, se noi ridiamo di quelli scrittori che parlerebbero cosķ delle cose nostre da qui a duemila anni, perché non vogliamo credere che riderebbero di noi coloro che sono vissuti duemila anni fa?
      Una delle buone regole nella retta interpretazione dell'antichitį č quella di fingerci noi stessi antichi; fingere che passino alla posteritį due o tre testi simili a quelli che gli antichi ci han tramandato, e veder qual uso i nostri posteri ne faranno. Un'altra regola č quella di riportar tutto al buon senso, il quale č sempre eterno nel massimo numero degli uomini. Alcuni scrittori ci han detto che in una cittį i padri aveano il diritto di uccidere i figli, e l'abbiamo creduto. Se avessimo interrogata la nostra ragione ed avessimo detto: - Č possibile che tutti gli uomini che compongono una cittį possano stabilir per legge che un padre possa uccidere i suoi figli? - avremmo detto di no.
      Abbiam detto che il maggior numero degli scrittori che ci rimangono di cose pittagoriche sono ignoranti; ed avevam detto prima che il principal carattere de' secoli d'ignoranza č quello di abbondar di aneddoti. Convien dunque, leggendo i loro scritti, mettersi in guardia contro gli aneddoti. Ed io non chiamo "aneddoto" ogni fatto ascoso al maggior numero, come forse il senso grammaticale della parola parrebbe indicare.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





Seneca Valerio Svetonio