Il solo che le abbia comprese nella sua vera forza č stato l'illustre Cesarotti; ma siami permesso analizzar il suo ragionamento.
Io non entrerň nella discussione de' princípi su cui si fonda il Vico, princípi nuovi, solidi, luminosi, ma da cui egli spesso trae conseguenze stranissime, precipitate, violenti. Solo, nel supposto che l'Iliade e l'Odissea non sieno che storie nazionali composte dal popolo, domanderň prima perché queste storie non comincino se non dall'ultimo periodo, vale a dir dalla guerra di Troia, e di questa pure si restringano ad una menoma parte, lasciando le altre piú grandi ed interessanti
. - Risposta. Ammessi i princípi di Vico, questa č una conseguenza naturale. Le memorie poetiche delle nazioni incominciano appunto dall'ultimo periodo della barbarie. Quale č l'epoca in cui incominciano i nostri poemi? Carlo Magno. I barbari non hanno poesia epica perché non hanno grandi geste: hanno solo poesie liriche. Ma tra la barbarie e la civiltá vi č un passaggio che dir si potrebbe l'"epoca della cavalleria", e questa č l'epoca dell'epopea. La cavalleria nostra ha incominciata dall'epoca di Carlo Magno ed č finita nelle crociate. Degli altri fatti piú antichi ne restano appena poche, oscure, incerte memorie; e queste esistono tanto nella storia poetica della Grecia quanto nella nostra. Artú, la Tavola rotonda, ecc. sono simili a Teseo, a Piritoo, ad Ercole, agli argonauti. E pare che ai greci non ne rimanesse meno che a noi.
Perché si restringono ad una menoma parte?
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