Questione oziosa, sia perché egual conversione ebbe luogo, per forza di cose, in tutti i repubblicani napoletani del Novantanove; sia perché, sempre e dovunque, in regime repubblicano e in regime monarchico, sotto il cielo napoletano e sotto quello lombardo, il Cuoco fu in teoria un antigiacobino e in pratica un "amico dell'ordine"(729), ossia un moderato. Antigiacobina infatti è la critica acuta che nei Frammenti di lettere al Russo egli fece contro i "faiseurs de constitutions" piú o meno astratte; antigiacobina l'incessante polemica che corre nel Saggio storico contro le utopie di "democratizzazione", rivoluzione e repubblica universali; antigiacobina l'altra polemica, latente nel Platone, contro la rappresentazione, teatrale piú che storica, che gl'illuministi prima e i giacobini poi solevano esibir della vita politica di Atene, Sparta e Roma repubblicana. Chi di quest'ultimo fatto voglia una prova diretta, ponga mente ai parecchi scritti del Cuoco, ov'è detto e ridetto che, tra le cause principalissime degli errori della Rivoluzione, fu la nessuna conoscenza che i giacobini avevan della vera storia antica(730); e legga sopra tutto una sua lettera a Napoleone, ove non potrebbe essere spiegato piú chiaramente che, tra i "mille modi" coi quali egli aveva condotta la sua polemica antigiacobina, gli era parso "ottimo" quello per cui, "mostrandosi nel suo vero lume la storia e la scienza dell'antichitá, si riparasse in parte a quei tanti errori che la falsa interpetrazione della medesima avea prodotti"(731).
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