6. Tesi dell'unitá italiana.
Adombrata in varie parti del Platone, e sopra tutto ove si discorre della debolezza delle antiche repubblichette italiane (simbolo evidente di quelle pullulate dal 1796 nell'Italia nuova), culmina poi nelle prime parole della conclusione. Non è il caso di mostrare come quella tesi, da mero stato d'animo, venisse assumendo negli esuli napoletani del 1794 e del 1799 carattere di concreto programma politico, bastando ricordare al riguardo i precedenti piú cospicui della propaganda unitaria del Cuoco: gli scritti di Giuseppe Fantuzzi, Carlo Botta e Melchiorre Gioia presentati al famoso concorso del 10 marzo 1797 sulla miglior forma di governo da darsi alla Lombardia(742), il libro di Matteo Galdi Sulla necessitá di stabilire una repubblica in Italia (1796), l'Indirizzo dei patriotti italiani ai direttori e legislatori francesi scritto nel giugno 1799 da Cesare Pari belli(743), il Colpo d'occhio sull'Italia di Francesco Lomonaco(744) (giugno 1800). È da osservare piuttosto che all'utopia d'una grande repubblica italiana a base democratica il Cuoco non pensò mai, e piuttosto (come, piú chiaramente del Platone, mostran gli articoli del Giornale italiano(745) e un suo indirizzo a Napoleone(746) vagheggiò un regno d'Italia, non limitato, come fu nella realtá, alla Cisalpina e poi anche alla Venezia, ma prolungato fino alla Calabria e magari alla Sicilia. Né perché ben presto i fatti mostrassero codesto sogno irrealizzabile, il Cuoco rinunziò a veder l'Italia, quando che fosse e come che fosse, politicamente riunita.
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