E non potevano assumerla chi rifletta che, dell'argomento, il Cuoco conosceva bensí quanto bastava a costruire un romanzo storico-politico o a gettar luce su questo o quel particolare; ma non lo dominava a segno da trattarlo sistematicamente in un'opera storica, per la quale, oltre il senso critico, di cui era largamente dotato, occorrevano anche particolari qualitá di filologo e d'erudito ch'egli punto non possedeva. Figurarsi, tra l'altro, che prese a trattar nuovamente la questione omerica, senza nemmen vedere i Prolegomena del Wolf, che, pubblicati fin dal 1795, eran giá notissimi in Francia e in Italia mercé le recensioni del Caillard e del Cesarotti(777), e credendo ancora di Erodoto quella Vita di Omero, che giá il Vico non gli attribuiva piú(778). Anziché, dunque, prestar fede alla leggenda, secondo la quale le Osservazioni sulla storia d'Italia sarebbero state compiute nel manoscritto e poi date alle fiamme dall'autore medesimo negli anni bui della sua follia (1815-1823), è da ritener piuttosto che di esse, annunziate ancora nel 1808 come di lá da venire(779), il Cuoco altro non mettesse insieme se non due lettere sull'antica agricoltura italiana, che fin dal 1805 aveva pubblicate nella Biblioteca di campagna del suo compagno d'esilio Giovan Battista Gagliardi(780), e quei frammenti e abbozzi, che, in un disordine indescrivibile e continuamente frammischiati a lavori affatto diversi, si posson, con molta pazienza, ripescar tra le sue carte superstiti(781).
Gli avvenimenti intanto incalzavano.
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