I Borboni fuggivan nuovamente da Napoli (febbraio 1806); il Cuoco, dopo lungo ondeggiare, si determinava a tornarvi; e poiché, dopo i sussidi ricevuti dal Regno italico, riteneva impegno d'onore non lasciar Milano senza aver compiuta la stampa dell'opera, dové pur risolversi a rimandar le Osservazioni a un futuro piú o meno lontano, e a darne momentaneamente nient'altro che quell'Indice, particolareggiato e diffuso per la prima parte, sempre piú generico pel resto, che consentiva lo stato dei suoi manoscritti. Cosí amputato, quel sudatissimo terzo volume si cominciò a stampare, circa il marzo 1806, non piú dal Nobile (giá avviatosi a Napoli), ma da Giovan Giuseppe Destefanis, e, nel giugno di quell'anno, veniva messo in commercio dal libraio Giovan Pietro Giegler, a cui il Cuoco aveva ceduta in blocco tutta l'edizione(782).
III
La fortuna, che aveva arriso al Platone fin dal suo primo apparire, continuò ad accompagnarlo lungo tutto il periodo del Risorgimento italiano. A Napoli, per esempio, talune idee e la fraseologia stessa dell'opera divennero ben presto cosí popolari (specie mercé la continua esegesi che l'autore ne venne fornendo nel Corriere di Napoli e nel Monitore delle Due Sicilie(783)), che, al ritorno di Ferdinando quarto nel Regno, non si pensò nemmeno all'effetto comico che doveva avere in quella bocca un discorso ai suoi napoletani sulla "storia dei loro avi": storia - gli si faceva dire - "molto gloriosa per voi, discendenti dei bruzi, dei campani e dei sanniti", e che perciò "dovete far tremare gli stranieri perturbatori della vostra prosperitá e sicurezza domestica"(784). Ma codesto non è se non un aneddoto.
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