E Gabriele Pepe, inserendo nella medesima rivista(798) quella sua necrologia del Cuoco tante volte ristampata di poi, mentre procura "scusarlo" del Saggio, di cui si sbriga in poche righe, discorre a lungo di quell'"opera di scientifico momento" e "assai maggiore dell'altra", che sarebbe stato il Platone. E, per addurre un ultimo tra i molti altri esempi che si potrebbero aggiungere, se l'ammirazione del Levati(799) pel racconto dei casi del Novantanove è soltanto vivissima, iperbolica è quella ch'egli tributa al viaggio di Cleobolo per l'Italia. Ma era poi anche naturale che, risoluto felicemente il problema italiano, il rapporto s'invertisse; e del Saggio si riconoscesse sempre piú il valore storico oltre che propagandistico, laddove il Platone, perduto a poco a poco il suo valore d'attualitá e quindi la sua popolaritá, venisse quasi dimenticato.
Oggi, per altro, anch'esso ritorna in voga. Non che noi lettori moderni vi ritroviamo ciò che faceva andare in visibilio i nostri nonni; giacché, come i pitagorici amori di Cleobolo e Mnesilla ci lascian freddi, cosí all'etá dell'oro della storia italiana, ai romani conculcatori dell'indipendenza della penisola e ai sanniti difensori dell'antica civiltá italica non crede piú nessuno. Tuttavia, col rinnovato studio del Vico e del vichismo, col ravvivato interesse per le origini del nostro Risorgimento, e anche con la migliore conoscenza della nobile vita e del robusto pensiero politico del Cuoco, il Platone, negli ultimi venticinque anni, è venuto riacquistando un nuovo valore, ch'è poi il vero: quello del piú ampio e insigne documento dello stato d'animo di quei pochissimi italiani, che fin dagli ultimi anni del Settecento si proposero come ideale politico l'indipendenza e l'unitá della patria.
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