II.
(620) IDEM.
(621) Campi Phlgrei.
(622) TUCIDIDE, I.
(623) "Quae nunc Italia Gręcia maior erat": OVIDIO. Sul nome di "Grecia" dato a tutta l'Italia vedi MAZZOCCHI, Tabula Heracleensis.
(624) OMERO, Odissea, lib. VI; OVIDIO, Metamorfosi, XV.
(625) OMERO, Odissea, I.
(626) IDEM.
(627) GUARNACCI, Origini, vol. I, passim; opera dottissima, ma della quale sarebbe utilissimo e necessario fare un compendio, dandole quel metodo che l'autore pare che abbia trascurato, e togliendone molte superfluitį e qualche inesattezza, nata talora da spirito di partito.
(628) La memoria di questa solennitį, che celebravasi in Pesto, ci č tramandata da Ateneo sul detto di Aristosseno. Ateneo dice che Pesto era signoreggiata da' barbari. Per sapere chi mai fossero questi barbari, i commenti sono senza fine. Si č detto da alcuni che s'intendevano i romani; quasi Aristosseno non fosse di molto anteriore all'epoca nella quale i romani presero Pesto! Ai tempi di Aristosseno, Pesto o non era signoreggiata da nessuno o poteva esserlo dai soli lucani. Ma Aristosseno avrebbe mai chiamati "barbari" i lucani? Ho ragion di credere che Ateneo abbia alterato il testo di Aristosseno.
(629) Tutto il contenuto di questa lettera si trova quasi colle stesse parole nel Timeo e nel Crizia. L'argomento, che qui aggiugne Platone, contiene una gran veritį. Ammessa nella Grecia una catastrofe circa l'etį di Ogige, č impossibile che la civiltį greca siasi sviluppata, senza il commercio di altri popoli piś colti, tanto sollecitamente.
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