(699) LAËRTIUS, ibidem; PLUTARCO, Conviviales quaestiones [C.]
(700) De placitis, I, 18. - L'autore soggiugne esser stata questa un'opinione comune a tutt'i filosofi fino a Platone [C.]
(701) De placitis, I, 16 [C.]
(702) CENSORINO, De die natalicio, 23 [C.]
(703) ARISTOTELE, l. c.; PLATONE.
(704) GELLIUS, XX, 5. Gellio non dice altro che "iis solis, qui nos audiunt, cognoscibiles erunt". Io ho creduto potervi aggiugnere quell'interpretazione: in altro caso, la lettera che riferisce Gellio di esser stata scritta da Aristotele ad Alessandro, e nella quale leggonsi le sopradette parole, se mai è vera, diventerebbe ridicola. Si tratta di libri sulla rettorica. Non pare di aver bisogno della stessa parola di Aristotele per intenderli. Difatti erano ben intesi da Cicerone, da Quintiliano, ecc. ecc. Ma, siccome sono pieni di acume, d'ingegno, di profonde osservazioni sul cuore umano, di sottili raziocini, i pedanti ne mordon poco. E difatti nelle rettoriche del De Colonia, di Cygne. ecc. ecc.; o non vi è nulla di Aristotele, o vi è svisato, o vi è solamente il piú triviale [C.]
(705) BRUKERUS, Historia critica, De secta eclectica, in principio [C.]
(706) Sul Platone in Italia, oltre le monografie generali sul Cuoco, tra cui quella mediocre di NICOLA RUGGIERI(Rocca San Casciano, 1903) e l'altra, eccellente, di MICHELE ROMANO(Isernia, 1904), vedere principalmente: GIUSEPPE OTTONE, V. C. e il risveglio della coscienza nazionale (Vigevano, 1903); LO STESSO, La tesi vichiana di un antico primato italiano nel "Platone" di V. C. (Fossano, 1905); ATTILIO BUTTI, La fondazione del "Giornale italiano" e i suoi primi redattori, in Arch.
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