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      Mi si dice che il marchese del Gallo, quando ebbe letto l'elenco di coloro che trovavansi arrestati per cospiratori, ridendone al pari di tutti i buoni, propose al re di mandarli viaggiando. - Se son giacobini - egli diceva, - mandateli in Francia: ne ritorneranno realisti.- Questo consiglio è pieno di ragione e di buon senso, e fa onore al cuore ed alla mente del marchese del Gallo. Vince una rivoluzione colui che meno la teme. I sovrani colla persecuzione fanno diventar sentimenti le idee, ed i sentimenti si cangiano in sètte: il loro timore li tradisce, e cadono talora vittime delle stesse loro precauzioni eccessive. Si proibirono in Napoli tutti i fogli periodici: si voleva che il popolo non avesse neanche novella de' francesi. Cosí un oggetto, che, osservato da vicino, avrebbe destato pietá o riso, fu come il fascio di sarmenti di Esopo, che dall'alto mare sembrava un vascello. Un'indomabile curiositá ne spinge a voler conoscere ciò che ci si nasconde, e l'uomo suppone sempre piú belle e piú buone quelle cose che sono coperte da un velo.
      Ma io immagino talora, invece de' nostri re, nelle crisi attuali dell'Europa, Filippo di Macedonia. La Grecia a' di lui tempi era divisa tra i spartani ed ateniesi, i quali facevano la guerra per opinioni di governo ed uniti ai filosofi, che in quell'epoca discutevano le costituzioni greche, come appunto oggi li nostri filosofi discutono le nostre, stancavano i greci con guerre sanguinose e con cavillose dottrine. Cosí sempre suole avvenire: tra le varie rivoluzioni si obbliano le antiche idee, si perdono i costumi e, ridotte una volta le cose a tale stato, gli intriganti, tra' quali i potenti tengono il primo luogo, guadagnano sempre, perché alla fine i popoli si riducono a seguir quelli che loro offrono maggiori beni sul momento; e cosí il massimo amore della libertá, producendo l'esaltazione de' princípi, ne accelera la distruzione e rimena una piú dura servitú. Filippo con tali mezzi acquistò l'impero della Grecia.


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Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799
di Vincenzo Cuoco
pagine 270

   





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