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      Se questi due poteri, per loro natura tanto diversi, li riunite, corrompete l'uno e l'altro.
      Tutto in Napoli si dovea fare dai giudici e per vie giudiziarie; e da questo ne veniva che tutte le operazioni amministrative eran lente e riuscivan male. Il governo era tanto lontano dalle vere idee di amministrazione, che i vari oggetti della medesima o non erano affidati a nessuno o erano commessi agli stessi giudici; quindi l'utile amministrazione o non avea chi la promovesse o era promossa languidissimamente da coloro che avean tante altre cose da fare.
      L'altro difetto, che vi era nell'organizzazione del governo di Napoli, era la mancanza di un centro comune, al quale, come tanti raggi, andassero a finir tutti i rami dell'amministrazione. Questo centro avrebbe dovuto essere il Consiglio di Stato. Ma Consiglio di Stato in Napoli non vi era se non di nome. Ciascun ministro era indipendente. I regolamenti generali, i quali avrebbero dovuto essere il risultato della deliberazione comune di tutt'i ministri, ciascun ministro li faceva da sé: in conseguenza, ciascun ministro li faceva a suo modo; i regolamenti di un ministro eran contrari a quelli di un altro, perché la principal cura di ogni ministro era sempre quella di usurpar quanto piú poteva l'autoritá de' suoi colleghi e distruggere le operazioni del suo antecessore. Cosí non vi era nelle operazioni del governo né unitá né costanza: il ministro della guerra distruggeva ciò che faceva il ministro delle finanze, e quello delle finanze distruggeva ciò che faceva il ministro della guerra.


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Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799
di Vincenzo Cuoco
pagine 270

   





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