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      Forse un giorno non si crederá che il furore delle revindiche era giunto a segno che i cavalieri dell'ordine costantiniano, immaginando non so qual parentela tra Ferdinando quarto, gran maestro dell'ordine, e sant'Antonio abate, diedero a credere al re che tutt'i beni, i quali nel Regno fossero sotto l'invocazione di questo santo, si appartenessero a lui; ed egli, in ricompensa del consiglio e delle cure che mettevano i cavalieri in ricercare tali beni ovunque fossero, credette utile allo Stato, ed in conseguenza giusto, toglier tali beni a coloro che utilmente li coltivavano, e darli ad altri, i quali, essendo cavalieri costantiniani, avevano il diritto di vivere oziosi.
      Le municipalitá presso di noi avevano molti fondi pubblici, che le stesse popolazioni amministravano, la rendita de' quali serviva a pagare i pubblici pesi. Molti altri ve n'erano, sotto nome di «luoghi pii», addetti alla pubblica beneficenza, fin da que' tempi ne' quali la sola religione, sotto nome di «caritá», potea indurre gli uomini a far un'opera utile a' loro simili ed il solo nome di un santo potea raffrenar gli europei ancora barbari dall'usurparli. Mille abusi ivi erano, e nell'oggetto e nell'amministrazione di tali fondi; ma essi intanto formavano parte della ricchezza nazionale, ed il privarne la nazione, senza che altronde avesse avuto niun accrescimento di arti e di commercio onde supplirvi, era lo stesso che impoverirla. Il tempo, che tutt'i mali riforma meglio dell'uomo, avrebbe corretto anche questo.


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Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799
di Vincenzo Cuoco
pagine 270

   





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