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      Mack certamente non avea data alcuna disposizione di difesa.
      Io lo ripeto: non sono uomo di guerra, né imprendo ad esaminar ad una ad una le operazioni e gli accidenti della campagna. Ma io credo che gli accidenti debbano mettersi a calcolo e che la somma finale dell'esito dipenda meno dagli accidenti che dal piano generale. Mack peccò naturalmente nell'estender troppo la linea delle sue operazioni, talché il minimo urto dell'inimico gliela ruppe. Ebbe piú cura dell'inimico che gli stava a fronte che di quello che gli stava sui fianchi, mentre forse questo era sempre piú terribile di quello; quindi è che egli si avanzò sempre rapidissimamente, e questa stessa rapiditá, che alcuni chiaman vittoria, fu la cagione principale delle sue inopinate irreparabili disfatte. Battuto in un punto, Mack fu battuto in tutta la linea, perché tutta la linea gli fu rotta. Quando Mack preparava un piano tanto vasto per combattere un inimico debolissimo, molti dissero che Mack era un gran generale, perché molti sono quelli che misurano la grandezza di una mente dalla grandezza delle forze che move: io dissi che era poco savio, perché la saviezza consiste nel produrre il massimo effetto col minimo delle forze. Mack è un generale da brillare in un gabinetto, perché in un gabinetto appunto, e prima dell'azione, predomina nelle menti del maggior numero l'errore di confonder la grandezza della macchina colla grandezza dell'artefice. Non manca Mack di quelle cognizioni teoretiche della scienza militare che impongono tanto facilmente al maggior numero.


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Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799
di Vincenzo Cuoco
pagine 270

   





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