Pochi giorni dopo si videro i primi funesti effetti degli ordini della regina nell'incendio de' vascelli e delle barche cannoniere, che non eransi potute, per la troppo precipitevole fuga, trasportare in Sicilia. Poche ore bastarono a consumare ciò che tanti anni e tanti tesori costavano alla nostra nazione. Il conte Thurn da un legno portoghese dirigea e mirava tranquillamente l'incendio; ed allo splendore ferale di quelle fiamme parve che il popolo napolitano vedesse al tempo stesso e tutti gli errori del governo e tutte le miserie del suo destino.
Il popolo non amava piú il re, non volea neanche udirlo nominare; ma, ripiena la mente delle impressioni di tanti anni, amava ancora la sua religione, amava la patria e odiava i francesi. Da queste sue disposizioni si avrebbe potuto trarre un utile partito. Insursero delle gare tra la Cittá ed il vicario generale. Questi volea usurparsi dritti che non avea, quasi che allora non fosse stato piú utile ed anche piú glorioso cedere tutti quelli che avea: quella si ricordava che tra' suoi privilegi eravi anche quello di non dover mai esser governata dai viceré. La Cittá allora spiegò molta energia. Perché dunque allora non surse la repubblica? Il popolo avrebbe senza dubbio seguíto il partito della Cittá. Ma, tra coloro che la reggevano, alcuni pendevano per una oligarchia, la quale non avrebbe potuto sostenersi a fronte delle province, dove l'odio contro i baroni era la caratteristica comune di tutte le popolazioni; e, nello stato in cui trovavansi gli animi e le cose, volendo stabilirsi un'oligarchia, sarebbe stato necessario rinunciare alla feudalitá. Altri non osavano; e vi fu anche chi propose di doversi offrire il Regno ad un figlio di Spagna, quasi che questo progetto fosse allora, non dico lodevole, ma eseguibile.
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