Ne' momenti di grandissima trepidazione, quando discordi sono le idee e molti i partiti, difficile è sempre ritrovar la via di mezzo e, piú che altrove, era difficilissimo in Napoli, dove il maggior numero credeva i francesi indispensabili a fondare repubbliche.
Intanto Capua si difendeva ed il popolo applaudiva alla sua difesa. Si era anche lusingato di maggiori vantaggi, poiché facile è sempre il popolo a sperare e non mai manca chi fomenti le sue speranze. Ai 12 però di gennaio lesse affisso per Napoli l'armistizio conchiuso tra il generale francese ed il vicario Pignatelli, per lo quale i francesi venivano ad acquistare tutto quel tratto del Regno che giace a settentrione di una linea tirata da Gaeta per Capua fino all'imboccatura dell'Ofanto; ed inoltre, per ottener due mesi di armistizio, il vicario si obbligava pagar tra pochi giorni la somma di due milioni e mezzo di franchi.
Non mai vicario alcuno di un re conchiuse un simile armistizio. La gloria gli consigliava a contrastare sulle mura di Capua il passo ai francesi ed a morirvi; la prudenza gli consigliava a cedere tutto e salvar la sua patria da nuove inutili sciagure. Che poteva sperarsi da un breve armistizio di due mesi? Non vi era neanche ragione di poter sperare un trattato. Il funesto consiglio per cui il re erasi messo in mano degl'inglesi, lo metteva nella dura necessitá di perdere o il Regno di Napoli o quello di Sicilia. Avea il re commesso lo stesso errore pel quale erasi perduto l'ultimo dei re della dinastia aragonese, quello cioè di mettersi in braccio di uno de' due che si disputavano il di lui Regno; quell'errore dal quale il savio Guicciardini ripete l'ultima rovina di quella famiglia, poiché per esso le fu impedito di profittar delle occasioni che ne' tempi posteriori la fortuna le offrí a ricuperare il trono.
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