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      Talora il bene generale è in collisione cogl'interessi de' potenti. L'abolizione de' feudi, per esempio, reca un danno notabile al feudatario; ma, piú del feudatario, sono da temersi coloro che vivono sul feudo. Il popolo trae ordinariamente la sussistenza da costoro; comprende che, dopo un anno, senza il feudatario vivrebbe meglio, ma senza di lui non può vivere un anno: il bisogno del momento gli fa trascurare il bene futuro, quantunque maggiore. Il talento del riformatore è allora quello di rompere i lacci della dipendenza, di conoscer le persone egualmente che le cose, di far parlare il rispetto, l'amicizia, l'ascendente che taluno, o bene o male, gode talora su di una popolazione.
      Spesse volte ho visto che una popolazione ama una riforma anziché un'altra. Molte popolazioni desideravano la soppressione de' monasteri, molte non la volevano ancora: piucché la superstizione, influiva sul loro spirito il maggiore o minor bisogno in cui erano de' terreni. Non urtate la pubblica opinione; crescerá col nuovo ordine di cose il bisogno, e voi sarete sollecitato a distruggere ciò che un momento prima si voleva conservare.
      Basta dar avviamento alle cose; di molte non si comprende oggi la necessitá o l'utile, e si comprenderá domani: cosí avrete il vantaggio che farete far dal popolo quello che vorreste far voi.
      Non vi curate degli accessorii, quando avete ottenuto il principale. Io, che ho voluto esaminar la rivoluzione piú nelle idee de' popoli che in quelle de' rivoluzionari, ho visto che il piú delle volte il malcontento nasceva dal volersi fare talune operazioni senza talune apparenze e senza talune solennitá che il popolo credeva necessarie.


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Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799
di Vincenzo Cuoco
pagine 270