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      Non mai si vide piú chiaramente quanto il freddo e costante esame sia piú pericoloso agli usurpatori che il caldo e momentaneo entusiasmo. I baroni avrebbero mille volte amato ritornare ai princípi della «conquista» e della «legittimitá», che, sebbene in apparenza piú distruttivi, erano piú facili a combattersi, piú facili ad eludersi nell'esecuzione. Ma come combattere princípi evidenti, che essi stessi aveano riconosciuti anche nell'abolito governo?
      Ad onta di tutto ciò, il progetto non passò senza grandi dispareri: la spirante feudalitá avea tuttavia molti difensori. Talun legislatore credeva nulla potersi decidere sulla feudalitá, perché nulla avea deciso la Francia: invincibile argomento per un rappresentante di una nazione libera ed indipendente! Pagano credeva non esser giunto ancora il tempo di decidere la controversia: egli riconosceva necessarie e giuste le abolizioni de' diritti, ma voleva che non si toccassero i terreni, quasi che un popolo non dovesse esser oppresso, ma potesse essere legittimamente misero. Taluno volea che l'affare si fosse commesso ad un tribunale, che si sarebbe di ciò incaricato; ma, se le leggi sono fatte pel popolo, i giudizi sono fatti per i potenti, i quali, col possesso, coi cavilli e talora colla prevaricazione, riacquistano coi giudizi tutto ciò che il popolo avea guadagnato colle leggi.
      Tanto importa che le idee del legislatore sieno a livello con quelle della nazione e che i progetti di legge contengano quelle idee medie, che tutti gli uomini sentono ed a cui tutti convengono!


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Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799
di Vincenzo Cuoco
pagine 270

   





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