XLII
ABOLIZIONE DEL TESTATICO, DELLA GABELLA DELLA FARINA E DEL PESCE
Per giudicare rettamente di un legislatore, conviene che ei sia indipendente; per far che le sue leggi abbiano tutto l'effetto, conviene che egli sia libero. Quando o altri uomini o le cose tendono a frenare i suoi pensieri e le sue mani, quando la sovranitá č divisa, pretenderete invano veder quel legislatore, nelle di cui mani č il cuore delle nazioni: i consigli son timidi, le misure mezzane; tra l'imperiosa necessitá e l'occasione precipitosa, spesso il miglior consiglio non č quello che si puň seguire, o solo si segue quando l'occasione č giá passata, e di tutte le operazioni voi altro non potete rilevare che la puritá del cuore e la rettitudine dei suoi pensieri.
Cosí, non altrimenti che la legge sui banchi, riuscirono inutili quasi tutte le altre leggi immaginate per isgravare i popoli dai pesi che nell'antico governo sofferiva. Io non ne eccettuo che la sola legge colla quale si abolí la gabella del pesce; legge che produsse un effetto immediato, e trasse alla repubblica gli animi di quasi tutti i marinai ed i pescatori della capitale.
Quando si abolí la gabella sulla farina, non si ottenne l'intento di far ribassare il prezzo de' grani in Napoli, dove, per le insorgenze che aveano giá chiuse tutte le strade delle province, non potevano ivi piú entrar grani nuovi, e quei che esistevano erano pochi ed avean giá pagato il dazio. Il popolo napolitano disse allora: che «la gabella si era tolta quando non vi era piú farina».
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Napoli
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