In questa i partiti eran divisi. Dicesi che la regina non volesse la capitolazione, ma che, fatta una volta, ne volesse l'osservanza: difatti era inutile coprirsi di obbrobrio per perdere due o trecento infelici. Ruffo, autor della capitolazione, voleva lo stesso, e divenne perciò inviso ed alla regina, che non avrebbe voluta la capitolazione, ed agli altri, ai quali non dispiaceva che si fosse fatta, ma non volevano che si osservasse. Le istruzioni, che furon date alla Giunta, da persone degne di fede si assicura che furono scritte da Castelcicala. In esse stabilivasi, come massima fondamentale, esser rei di morte tutti coloro i quali avean seguíta la repubblica: bastava che taluno avesse portata la coccarda nazionale. Per avere una causa di vendetta, ammetteva che il re era partito; ma, per averne una ragione, asseriva che, ad onta della partenza, era rimasto sempre presente in Napoli. Il Regno si dichiarava un regno di conquista, quando si trattava di distruggere tutt'i privilegi della Cittá e del Regno, i quali si chiamano quasi in tutta l'Europa «privilegi», mentre dovrebbero esser diritti, perché fondati sulle promesse dei re; ma, quando si trattava di dover punire i repubblicani, il Regno non era mai stato perduto(66). Tale fu la logica di Caligola, quando condannava a morte egualmente e chi piangeva e chi gioiva per la morte di Drusilla.
Nelson, unico autore dell'infrazione del trattato, quell'istesso Nelson che avea condotto il re in Sicilia, lo ricondusse in Napoli, ma sempre suo prigioniero; né mai, partendo o ritornando, ebbe mai la minima cura dell'onor di lui: giacché, partendo, lo tenne in mostra al popolo quasi uom che disprezzasse ogni segno di affezione che questo gli dava; tornando, quasi insultasse ai mali che soffriva.
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