La prima operazione di Guidobaldi fu quella di transigersi con un carnefice. Al numero immenso di coloro che egli volea impiccati, gli parve che fosse esorbitante la mercede di sei ducati per ciascuna operazione, che per antico stabilimento il carnefice esigeva dal fisco; credette poter procurare un gran risparmio, sostituendo a quella mercede una pensione mensuale. Egli credeva che almeno per dieci o dodici mesi dovesse il carnefice esser ogni giorno occupato.
La storia ci offre mille esempi di regni perduti e poscia colle armi ricuperati: in nessuno però si ritrovano eguali esempi di tale stolta ferocia. Silla fece morire centomila romani non per altro che per la sua volontá: Augusto depose la sua ferocia colle armi.
Un altro re di Napoli, Ferdinando primo di Aragona, capitolò egualmente coi suoi sudditi, e poscia sotto specie di amicizia li fece tutti assassinare. Ma, mentre commetteva il piú orribile tradimento di cui ci parli la storia, mostrò almeno di rispettare l'apparenza della santitá dei trattati. Mostrarono almeno gli alleati, che li avean garantiti, di reclamarne l'esecuzione. Il nostro storico Camillo Porzio attribuisce a questa scelleraggine le calamitá, che poco dopo oppressero e finalmente distrussero la famiglia aragonese in Napoli.
La vera gloria di un vincitore è quella di esser clemente: il voler distruggere i suoi nemici per la sola ragione di esser piú forte è facile, e nulla ha con sé che il piú vile degli uomini non possa imitare. Una vendetta rapida e forte è simile ad un fulmine che sbalordisce; ma porta seco qualche carattere di nobiltá. Il deliziarsi nel sangue, il gustare a sorsi tutto il calice della vendetta, il prolungarla al di lá del pericolo e dell'ira del momento, che sola può renderla, se non lodevole, almeno scusabile, il vincer la ferocia del popolo e lo stesso terrore dei vinti, e far tutto ciò prostituendo le formole piú sacre della giustizia; ecco ciò che non è né utile né giusto né nobile.
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