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      Dal processo di Muscari nulla si rilevava che potesse farlo condannare; ma troppo zelo avea mostrato Muscari per la repubblica, e si voleva morto. La Giunta, dicesi, ebbe ordine di sospender la sentenza assolutoria e di non decidere la causa finché non si fosse ritrovata una causa di morte. A capo di due mesi è facile indovinare che questa causa si trovò. Pirelli, uno dei migliori uomini che avesse la patria, uno dei migliori magistrati che avesse lo Stato, anche in tempo del re, fu dalla Giunta assoluto: i trenta di Atene quasi arrossirono di condannare Focione. Pirelli era però segnato tra le vittime, e da Palermo fu condannato ad un esilio perpetuo. Michelangiolo Novi era stato condannato all'esilio; la sentenza era stata giá eseguita, si era giá imbarcato, il legno era per far vela: giunge un ordine da Palermo, e fu condannato al carcere perpetuo nella Favignana. Gregorio Mancini era stato giá giudicato, era stato giá condannato a quindici anni di esilio; di giá prendeva commiato dalla moglie e dai figli: un ordine di Speziale lo chiama, e lo conduce... dove?... alla morte. Altre volte si era detto che le leggi condannavano ed i re facevano le grazie: in Napoli si assolveva in nome della legge e si condannava in nome del re.
      Intanto Speziale, a cui venivano particolarmente commesse le persone che si volevan perdute, nulla risparmiava né di minacce né di suggestioni né d'inganni per servire alla vendetta della corte. Nicola Fiani era suo antico amico; Nicola Fiani era destinato alla morte, ma non era né convinto né confesso.


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Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799
di Vincenzo Cuoco
pagine 270

   





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