Più oltre è un uomo di ben cento cubiti, legato ad un monte con quattro catene, e circondato da fiamme; indi, una femmina «nuda e laidissima e scapigliata» compressa da un sozzo dragone: per ultimo, una selva di molti alberi che «avevano similitudine di fichi», su' rami dei quali erano uccelli che con voce umana gridavano a Dio: «Perdonaci, messere, che ci plasmasti». Ma, fuggendo di là e procedendo più oltre, giungevano i monaci ad una chiesa, ove «uomini d'aspetto santissimo cantavano un canto celestiale con mirabile armonia», e la Chiesa «parea quasi tutta di cristallo»; e dall'una parte avea somiglianza di pietre preziose, dall'altro era colore di sangue, e dalla terza bianca come neve; e il sole ivi risplendeva e scaldava «sette cotanti più che nelle nostre contrade», e «l'alpe e i monti erano più alti», e «gli alberi e i frutti più grandi e belli e migliori... e aveavi uccelli più belli che facevano più dolci canti» che i nostri. Non però questo era il Paradiso terrestre, che sta più là «venti miglia»; e un cherubino coi piedi d'uomo, il petto di leone e le mani «come di cristallo» vieta l'appressarvisi, secondo loro avverte s. Macario, che aveva avuto l'istesso loro intento, e che dall'angelo n'era stato impedito. Or qui nulla è ben chiaro, nè persone nè luoghi; e se il lettore dimandasse qualche spiegazione, forse si sentirebbe rispondere come disse una voce a quei temerarj viaggiatori: «A voi non si conviene cognoscere li segreti giudicj di Dio: andate alla via vostra55».
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