Ma l'anima, dopo una mirabile peregrinazione al mondo di là in compagnia di un angelo, fece ritorno al suo corpo. Intanto gran cose aveva visto: nel fuoco e nel ghiaccio gli insidiatori, in un fiume di zolfo i superbi, e a capo del solito strettissimo ponte, varcato felicemente, fra molti che cadono, da un solo prete, una bestia mostruosa colla bocca spalancata, nella quale potrebbero entrare a un tratto nove mila uomini armati di tutto punto. Il nome di questo mostro è Acheronte, e divora gli avari: e qui è da notarsi come già le denominazioni dell'inferno classico entrino a far parte dell'inferno cristiano78: il che avverrà poi ancor più largamente nel libro del nostro maggior poeta. Più oltre, è altra bestia con due piedi e due ali, collo lunghissimo, ferreo rostro e unghie ferrate, dalla cui bocca escono fiamme inestinguibili, e che siede sopra un lago congelato, e le anime le entrano in corpo, ed essa ingravida di loro e loro di essa, generando serpi che poi le tormentano. Or non par di vedere in questo mostro un lontano progenitore del Lucifero dantesco, confitto nella ghiaccia, che si forma dal ventilare delle sue ali sulle acque di Cocito79? Ma il Lucifero della leggenda di Tundalo è rappresentato sopra una gratella ardente, e i dèmoni stessi, soffiando, attizzano il fuoco che tutto lo consuma. Legato per tutte le membra, ei si volge dolorando fieramente, or sur un lato or sull'altro: e, per lenire il tormento, colle cento sue mani abbranca migliaia di anime che gli stanno attorno: e come fa il villano assetato coi pieni grappoli, le stringe e comprime, e a chi tronca il capo e a chi i piedi, e poi sospirando e sbuffando, le sparge, come, faville, per diverse parti della geenna; ma quando ritrae a sè il fiato, quelle gli son attratte nella bocca orribile, ed ei le maciulla e divora80.
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