Finalmente giunge alle porte infernali, guardate da Disperazione e da Morte subitanea. In cotesto giorno appunto, Belzebù tien corte bandita ai suoi vassalli, e il poeta vi assiste, riconoscendo fra quelli molti chierici e abati e vescovi: dopo di che si imbandisce un gran pranzo, al quale anche il trovero è invitato. L'immaginazione bizzarra del poeta si sfrena qui con intera licenza, e ci dice che la tovaglia è fatta di pelle di pubblicani, e le salviette di cuojo di peccatrici incallite nel vizio.
Vengono poi i cibi, e sono carni di usuraj ingrassati del ben degli altri, e ladri nudriti dell'altrui sangue: poi eretici in spiedo, lingue fritte di avvocati132, berrovieri in pasticcio, monache nere in cibreo, e così via133. Alla fine del pranzo, Belzebù fa portare il gran libro dei peccati, e ne concede la lettura al suo ospite, che corre subito alla rubrica dei menestrelli, e vi legge le colpe di tutti i suoi compagni di professione. Io ho tenuto a mente, dice il poeta, i nomi, i fatti e i detti, e posso ripeterveli per filo e per segno. – Ma Raoul a questo punto si sveglia; e il poemetto ha termine con siffatta maligna reticenza134.
VISiamo così giunti colle nostre ricerche assai presso ai tempi di Dante, e abbiamo visto gran parte delle immagini accumulate da una lunga serie di generazioni circa il soggetto stesso della Divina Commedia. Questo argomento, che, come rivelazione dei segreti della vita futura, è il più alto termine a cui si affisi la fede del credente, e come oggetto della poetica facoltà è la regione nella quale più liberamente spazia la fantasia, dopo aver servito a ufficj spirituali, politici e satirici, era già divenuto anche passatempo del volgo.
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