Più tardi, nel movimento cristiano, che avvenne in Giudea, sotto l'imperatore Augusto - movimento rivolto contro la legge romana, e lo Stato romano - vi furono seri e incontestabili elementi di anarchia.
In Persia, nel quinto secolo dell'era nostra, si ebbe una profonda rivoluzione sociale che trascinò tra le sue file lo stesso re Kobad, e che, vittoriosa, proclamò l'uguaglianza assoluta fra le classi, e la comunità dei beni.
Intanto il progresso, superate le fasi lente dello sviluppo del pensiero, il quale è costretto ad avanzare brancolante nelle tenebre del pregiudizio, e tra gli agguati e la tormenta delle oppressioni medioevali, incomincia a divorare il tempo, allo stesso modo che un corpo solido cadendo divora lo spazio, e aumenta di velocità col precipitare.
Così, dall'epoca dei Comuni, all'ombra delle cui bandiere sventolanti dai torrioni e dalle mura, si inizia la rivolta del pensiero, e s'accende lo splendore delle Università libere, noi ci avviamo man mano verso la Rinascenza, che è una delle epoche, direi, riassuntive, sintetiche della civiltà.
Ed è là, tra le bellezze non più raggiunte dell'arte, tra la audacia delle scoperte ed il movimento anabattista, che sorge con un fondo anarchico, è là, in una delle illustrazioni del tempo, in Francesco Rabelais, che ritroviamo il nostro pensiero.
La fantastica sua ideazione dell'abbazia di «Thélème» è una condanna dell'organizzazione sociale autoritaria, ed una visione dell'ordinamento anarchico.
I voti di castità, di povertà e di obbedienza non esistevano: ognuno poteva amare, godere e vivere libero.
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