Mentre la terra del Nord, per bocca di Amleto, gettava davanti al fantasma risuscitato delle iniquità antiche, il grido delle sue speranze deluse, nell'ardente Spagna, Michele Cervantes esprimeva col suo capolavoro l'agonia desolata del mondo, che non aveva saputo realizzare tutto quel sogno di libertà che avrebbe voluto!
Allorchè si penetrò, per l'ultima volta, nella cella del compagno nostro Emilio Henry, che come Amleto aveva amato la giustizia fino al necessario, esasperante delitto, fino ad immolare la sua giovane vita, un libro fu trovato nascosto nel suo letto. Sulla copertina stava scritto: «Don Chisciotte della Mancia».
Era con questo amico solitario e fedele; era con questo giusto sognatore dal tenero cuore di fanciullo, che il biondo giovanetto prossimo alla morte, passava le sue notti tempestose e le sue ore d'insonnia. Perchè nel fondo del suo immenso dolore, perchè nello squallore della solitudine carica di fantasmi, egli aveva trovato un fratello nel romantico ed errante «caballero!».
Oh! immortale e commovente figura, Don Chisciotte della Mancia, tu che sognavi di liberare la giustizia, sempre prigioniera, per assiderla, alfine, sopra un trono, fra le acclamazione dei poveri e degli oppressi; tu che amavi più di te stesso i deboli, gli umili, i perseguitati; tu che nel giocoso Mulino a vento hai voluto simboleggiare la necessità di non ingannarsi sull'apparente nullità nelle lotte del progresso: non credere davvero che tu ti sia ingannato!
Questo tuo sogno è l'eterna aspirazione nella quale l'umanità trova le sue oasi verdi di speranze e rifulgenti di sole!
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