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      [II]
      . . . . . . . . . . . . . . . .qui mi scusiLa novità, se fior la lingua abborra.
      DANTE.
      [III]IL TRADUTTORE
     
      A CHI LEGGE.
     
      Per voi fervidi ingegni stanchi del monotono tenore delle ordinarie poesie; per voi spiriti applaudenti a' nuovi liberi voli; per voi infine cuori bennati cantava Darwin GLI AMORI DELLE PIANTE; e per voi solo io ne ho assunta la traduzione. I pedanti sempre dormigliosi e mutoli sulle bellezze originali, che negar non possono, menano un romore, che vi assorda, o allorchè s'abbattono in que' tratti di genio, che per non essere alla loro portata sembrano loro assurde stravaganze; od allorchè sotto la inesorabile loro lente appare qualche lieve macchia sfuggita all'occhio dell'autore, più intento a crear nuove cose, che a limarne e pulirne le già fatte. Questa impertinente genía, tormento eterno delle menti non volgari, troverà molto onde latrare contro Darwin, per aver egli chiamato poema una raccolta di descrizioni. Certo, se egli si fosse proposto di offrire un poema veramente didascalico, siccome alcuni si diedero stortamente a credere, poco felice potevasi giudicarne l'orditura e la condotta. Ma il suo poema è puramente descrittivo, e vuolsi riputare un suo pregio accessorio, se talvolta v'istruisce. Darwin non è ne' suoi versi un institutore di Bota[IV]nica: egli è solo un zelante amatore di codesta scienza, il quale s'attenta, di destarne in voi tanta vaghezza, che vi sproni ad apprenderla: ed allorchè vi riesce, non manca tosto nelle Note d'insegnarvi di molte cose, tra le quali non poche novissime ed ignote alla plebe de' Trattatisti.


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Gli amori delle piante
di Erasmus Darwin
Pirotta e Maspero Milano
1805, pagine 266

   





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