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      Lunghe a lei cure depredâr sul voltoLe natìe rose, e dal suo ciglio pendono
      Di gemme in guisa rugiadose stille.
      Ecco, ella sclama, da l'egizie spondeAd olezzanti venticei commessa
      La Rondine veleggia, de la stateAlma foriera. Ed a che dunque tardi,
      O Zefiro, a soffiar, ed al mio coreNon comparte l'angelico tuo labbro
      I balsamici influssi? O tu, la cuiVoce soave i fiorellini elice,
      Il cui pennello li dipinge, e il leneAlito li profuma, oh lunge scaccia
      [22] Il crudo Verno, che, di plumbea clavaArmato il pugno, ahi preme in lungo sonno
      Fratel di morte i miseri miei figli!
      Tu ne rattempra il duro cor, la ferreaBranca lunge ne scosta, e fausto a' miei
      Pètali eburni di sbocciar concedi:
      Così vergini fior, che al crin d'AprileFanno ghirlanda, a te spargan su l'ale
      Gli atomi vari de la lor fragranza."
      Zefiro accoglie la preghiera; ascendeRatto la lieve conca, e via coll'ali
      Labendo spazza le cerulee piagge.
      Sovra il bel tetto de l'afflitta scuoteLa verga sibilante, e fausto a' suoi
      Pètali eburni di sbocciar concede;
      La giovin prole nuova vita assume,
      E saluta d'un riso il ciel giocondo.
      Tal casta Ninfa in alto cocchio assisaPiù bella in suo pudor splende che mai,
      Se avvien, che un vento, a lei scherzando intorno,
      Con rozzi baci le scomponga e scostiIl vel custode del bel seno, e tenti
      Rapirle al capo le trapunte bende,
      Ond'ha frenato mollemente il crine.
      E tale allor, che sovra erboso pianoChiusa biga trascorre, se ad un cenno
      Pronto valletto le contragga al tergo[23] Il pieghevole cuojo, ond' ha coperchio,
      Brillando appare la vezzosa coppia


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Gli amori delle piante
di Erasmus Darwin
Pirotta e Maspero Milano
1805 pagine 266

   





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